Il Piemonte non molla. La lettera del presidente regionale di OPES Piemonte Walter Palmero alle sue associazioni e al territorio

Per vincere la partita più importante del nuovo millennio, gli italiani sono chiamati a fare la loro parte: rimanere in casa, giocando di squadra con medici, operatori sanitari e volontari che si trovano in prima linea contro la minaccia chiamata coronavirus. Dalle proprie mura domestiche, rispettando i decreti ministeriali, osservando sia la distanza sociale di un metro sia le principali regole di igiene e rimanendo distanti ma uniti, attendono i bollettini quotidiani diramati dalla Protezione civile e quei numeri che decretano la fine dell’emergenza ed il ritorno, anche se graduale, alla normalità. Come e quando si ripartirà non è dato sapere. Lo si farà con tanta energia e vitalità, ma per molti sarà più difficile. Gli strascichi di questa crisi sanitaria ed economica si faranno sentire. Forse, per lungo tempo.

Walter Palmero, il presidente del comitato regionale di OPES Piemonte, in questi giorni difficili ha scritto una lettera, un invito a non mollare rivolto a tutti, non solo agli abitanti della terza regione italiana per numero di contagiati da COVID-19.

È difficile poter pensare a questa situazione perché per tutti noi è irreale. Non siamo “capaci” di stare fermi; non siamo stati educati o formati per ambire all’ozio casalingo; non siamo fatti per stare da soli. Siamo animali da branco.

Per distrarti, per sognare un po’ le giornate in cui eri fortunato, senza saperlo, e potevi scorrazzare spensierato sulla tua Kawasaki Ninja, ti affacci alla finestra e…. il nulla. Non vedi o senti nulla. Un silenzio rotto solo dal suono delle ambulanze. Tante, troppe.

Ma sei sicuro che #ANDRATUTTOBENE, tranne per poi scoprire che alcuni tuoi amici hanno appena scoperto di essere positivi. E come sempre torna il “nazionalismo tocca e fuggi”, quello delle bandiere Italiane appese al contrario, dell’inno di Mameli canticchiato e maldestramente storpiato.

Sono convinto che in un tempo non sicuramente breve ne usciremo ma nel frattempo quanti amici, aziende, posti di lavoro si saranno persi in questo povero Piemonte, in questa illusa Italia?  

Sicuramente la vinciamo. Ma per farlo dobbiamo agire, da subito, per ricordare alle persone che in Piemonte impari fin da piccolo che:

“Non ce la faccio” ‐ non si può dire, “Non ci riesco”‐ non esiste, “Sono stanco”‐ non è mai abbastanza.

Siamo cresciuti così, un po’ chiusi, un po’ con la convinzione di non essere mai all’altezza.

I piemontesi li riconosci al primo sguardo: testa bassa e al lavoro.

I piemontesi, quelli veri, sono polentoni.

Sì, perché la polenta è ciò che li rappresenta meglio. Ruvida, dura e fredda fuori, con quella crosticina che si forma appena sfornata. Tenera e avvolgente dentro, non ti delude mai. I piemontesi sono proprio così: possono sembrare un po’ ruvidi e schivi, ma poi dentro sono buoni e con il cuore tenero. Si sa, la polenta non è niente di speciale, acqua, sale e farina gialla. Ma si sa altresì che le cose semplici sono speciali perché rassicuranti, perché ci sono! I piemontesi ci sono, sempre, ci puoi contare.

Il Piemonte piange ma, come da sua abitudine oramai consolidata, lo fa senza far rumore, per non disturbare. Giace a terra, fatto a pezzi da un nemico vigliacco subdolo, che non si fa vedere. Gli occhi sono bassi, tristi e pieni di paura. Ci sono solo ambulanze e silenzio. Ma il Piemonte non mollerà e il suo sistema sportivo men che meno.

Ricordi?

“Non ce la faccio”‐ non si può dire.

“Non riesco” ‐ non esiste.

“Sono stanco” ‐ non è mai abbastanza.

Il Piemonte ed i piemontesi non mollano mai.

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