Servizio Civile: la Regione Veneto finanzia il progetto “Non stiamo zitti: stop al bullismo”

Anche una semplice parola può avere la stessa forza di uno schiaffo o di una sberla. La violenza, verbale o meno, lascia segni nella persona che la subisce. In alcuni casi può creare un circolo vizioso, una sorta di tarlo che scava nel profondo dell’anima della vittima. Si genera così uno state of mind, uno stato mentale di paura, sottomissione, ansia, angoscia, terrore che può diventare autodistruttivo senza un aiuto esterno o in mancanza di un estremo tentativo di ribellione che potrebbe identificarsi nel raccontare o denunciare quanto si è subito. Negli ultimi anni tra i fatti di cronaca si sono moltiplicati episodi di violenza che sono stati derubricati sotto la voce “bullismo”. Il fenomeno, nella sua accezione, è accostato ad episodi di prevaricazione e di violenza che sono stati perpetrati in un ambiente che in linea teorica dovrebbe essere formativo e sicuro come quello scolastico. Recenti sondaggi hanno evidenziato che almeno il 50% degli studenti di età compresa fra i 14 e 19 anni, almeno una volta, è stato vittima di un attacco o di una violenza verbale, psicologica e fisica. Stando ai dati in questione sembra che le offese, le calunnie e le prese in giro siano senza dubbio le forme di maltrattamento o sopruso più utilizzate. I numeri, però, non raccontano tutto e non fotografano la reale situazione, perché per alcune persone risulta difficile esternare le minacce, le percosse, le botte o gli abusi. Quel dato sommerso è molto preoccupante a tal punto da fornirci una visione distorta della realtà che potrebbe essere peggiore di quanto sembri. Sottovalutare il fenomeno e circoscriverlo soltanto alle prese in giro o a delle offese significa sminuirlo. La conseguenza più diretta è che si rischia di prendere posizioni morbide, di non combattere come si dovrebbe una piaga della società moderna e di non individuare delle soluzioni che dovrebbero contrastare il malessere sociale del perseguitato e del carnefice.

Il triste e cupo fenomeno, anche nelle sue declinazioni legate alla tecnologia e che ci permettono di parlare di cyber-bullismo, non può più essere tollerato dalla società. Non si può più chiudere un occhio o addirittura entrambi sminuendo il fenomeno e parlando di “semplici offese” o di “cose che si dicono tra ragazzi”. Le conseguenze sono note e i danni potrebbero essere irreparabili. Chi subisce la violenza non può vivere in uno stato di completa sfiducia verso la società e le istituzioni, non può sentirsi escluso e percepire una tensione costante. Inoltre, non si può commettere l’errore di limitare o relegare simili atteggiamenti devianti all’infanzia o all’adolescenza. Il bullismo si protrae anche in età adulta, in particolar modo in alcuni ambienti come potrebbe essere il luogo di lavoro. Il mobbing, aggressione psicologica e morale, può essere considerato alla stessa stregua del bullismo.

 

Per ripristinare l’armonia o il quieto vivere, eliminando di fatto ogni forma di bullismo, violenza o prevaricazione, è necessario agire radicalmente nelle scuole e nel tessuto sociale. L’informazione e la comunicazione possono avere un potere straordinario: eliminare una piaga della società moderna. Inculcando dei sani principi e dei valori positivi nelle future generazioni si può creare quella sorta di strato che non fa permeare nelle sue radici qualsiasi forma di violenza, fisica o verbale che sia. In tal senso OPES e Telefono azzurro hanno avviato una collaborazione per combattere insieme il bullismo. La partnership tra l’Ente di Promozione Sportiva riconosciuto dal CONI, che ha curato la progettazione, e la ONLUS che difende i diritti dell’infanzia ha portato alla creazione di un Progetto di Servizio Civile che sarà attivato nella Regione Veneto. Il programma “Non stiamo zitti: stop al bullismo”, risultato primo nella graduatoria della Regione del Nord-est e finanziato per un importo di € 32.400,00, è stato commissionato da Telefono Azzurro nell’ambito del Servizio Civile Regionale del Veneto. L’obiettivo è quello contrastare il bullismo e il cyber bullismo tra i giovani del Trevigiano, anche supportando interventi formativi rivolti ai genitori, agli operatori giovanili ed ai docenti. Di grande importanza anche alcuni aspetti peculiari, come il forte orientamento allo sviluppo delle competenze da parte dei giovani volontari e lo sviluppo di attività di inserimento lavorativo, per ridurre la distanza tra i giovani e il mondo del lavoro. Per un anno sei volontari avranno quindi la possibilità di supportare minori e giovani che subiscono atti di violenza, bodyshaming, emarginazione, utilizzo diffamatorio delle proprie foto o video. Un tema purtroppo molto attuale e su cui non vogliamo tirarci indietro.

 

regione veneto

Il primo posto nella graduatoria dei progetti presentati è stato accolto con soddisfazione dall’Ente di Via Quasimodo, ma quello che più conta è l’impegno di un’intera organizzazione che ha come mission azioni quotidiane e costanti per migliorare la società, proponendo dei modelli e dei valori positivi. In questo specifico caso, il progetto fornirà delle risposte utili per contrastare un comportamento deviante e violento, assisterà le vittime aiutandole a sentirsi parte di un tessuto sociale e permetterà a sei giovani di rendersi utili e di crescere dal punto di vista umano. L’anno di Servizio Civile rappresenta per tanti giovani volontari una tappa fondamentale della vita. In quei 365 giorni si fanno delle esperienze uniche e formative e, al tempo stesso, si può tracciare la strada del proprio futuro. Imparando dai formatori, assorbendo le criticità della realtà e della quotidianità, fornendo il proprio contributo e mettendo a sistema le proprie esperienze o quanto si è studiato, il Volontario del Servizio Civile diventa parte integrante e attiva di un processo teso a trasformare la società e a migliorare la qualità della vita di alcune persone.

OPES, Ente di Promozione Sportiva riconosciuto dal CONI ma anche Ente di Servizio Civile Nazionale di prima classe così come riconosciuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Gioventù e Servizio Civile Nazionale, ha sempre creduto nello sport come strumento di inclusione sociale. Sia questa iniziativa sia altri progetti (l’ultimo in ordine cronologico si chiama “Entra In Squadra!”) o altri eventi tematici vanno tutti nella stessa direzione: contrastare dei fenomeni come il bullismo, favorire l’inclusione sociale dell’individuo e migliorare la società lavorando sulle menti permeabili degli studenti che rappresenteranno la futura classe dirigente di un Paese.

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