Un altro oro per lo Star Judo Club, Martina Esposito vince agli Europei di Sarajevo

Nel 2001, quando Martina Esposito emetteva il suo primo vagito, Sarajevo si stava lentamente rialzando. 1425 giorni di guerra, di assedio, di morti, di suoni di sirene, di deflagrazioni, di urla e di stenti non si possono cancellare facilmente. L’oblio, la formattazione dei ricordi della memoria di coloro che erano presenti, e che poi hanno tramandato ai posteri l’orrore di quei giorni, non può essere esercitato, neppure chiudendo gli occhi. Ogni angolo di questa città racconta la fragilità umana e la triste storia di un popolo e di una Nazione. Anche dopo la lenta ricostruzione, necessaria per ritornare a vivere e per essere un crocevia di etnie, culture e religioni differenti che vivono in armonia, ci sono dei luoghi che rimangono un simbolo di uno dei più drammatici conflitti della fine del XX secolo che ha ridisegnato la geografia del Vecchio Continente. Tra questi c’è sicuramente il Cimitero del Mezarjie Stadion, uno stadio trasformato in Campo Santo. Le sue tombe sorgono proprio alle spalle dello Stadio Olimpico che nel 1984 ospitò i Giochi Invernali e del Juan Antonio Samaranch Olympic Hall, un’area polifunzionale che durante la guerra servì come obitorio e i cui seggiolini di legno furono utilizzati per costruire le bare dei civili uccisi.

 

Lì, in quell’arena che oggi ospita eventi sportivi, musicali e culturali, dal 28 al 30 giugno si sono disputati i Campionati Europei di Judo riservati alla categoria Cadetti. A tenere alti i colori azzurri ci ha pensato la judoka Martina Esposito, ragazza napoletana (la città di Napoli è gemellata con Sarajevo fin dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso) cresciuta allo Star Judo Club. Alla corte del Maestro Gianni Maddaloni, uomo tenace, tecnico formidabile e motivatore eccezionale, la ragazza classe 2001 ha affinato la sua tecnica e si è imposta come atleta capace di scalare le vette più alte. Dalla periferia di Scampia alla Capitale della Bosnia ed Erzegovina, luoghi che, seppure in maniera differente, evidenziano le ferite di lotte intestine, la judoka della periferia partenopea ha conquistato un oro che brilla come il sole di Napoli o come la luce che irradia l’orizzonte di Sarajevo, sinonimi di un futuro radioso in cui non sono contemplati angoli scuri o coni d’ombra e in cui lo sport con i suoi valori positivi recita un ruolo fondamentale per la crescita delle persone.

Nella categoria dei 70 chilogrammi Martina Esposito ha messo in fila tutte le avversarie. Alla vigilia dell’Europeo si presentava come numero due del seeding. Davanti c’era solo la tedesca Raffaela Igl, la numero 1 del Continente, la più seria accreditata alla vittoria finale. Dopo il bronzo di Baku, l’atleta dello Star Judo Club ha compiuto un ulteriore salto di qualità, ma quando si beneficia di uno stato di forma eccezionale è fondamentale saper governare altre forze, una su tutte la pressione psicologica. A quasi 17 anni non è facile incanalare nella giusta direzione la tensione generata da un appuntamento così importante. Per trasformarla in energia positiva è necessario avere un controllo del proprio corpo e della propria mente superiore alla media delle persone. Inoltre, è indispensabile avere il sostegno della propria famiglia, dei propri cari e del proprio allenatore, tutte cose che non sono mai mancate nella vita di Martina. Sul cammino dell’allieva del Maestro Maddaloni verso la finale si sono palesate la francese Karrie Ngosso Silo, l’ucraina Natalia Chystiakova (numero 6 delle classifiche) e la slovacca Nina Gersiova, numero 4 del seeding. Ad attenderla in finale però non c’era la tedesca Igl, ma la russa Daria Kariakina che aveva avuto la meglio sulla numero 1 del tabellone. Le gambe e le braccia di Martina, nonostante la posta in palio, non hanno tremato e si sono dimostrate solide, tenaci e naturalmente vincenti. La ragazza ha dato prova di essere tostissima, di essere consapevole dei propri mezzi e di avere quella mentalità vincente che sottintende che nulla è impossibile, l’importante è volerlo con tutte le proprie forze. Con il Maestro Maddaloni ad urlare da quella tribuna, che da un lato narra ancora la sua triste storia di dolore e dall’altro rappresenta il ritorno alla vita o all’apparente normalità, è sembrato tutto più facile. Il ghigno feroce di Martina ed il pollice su del suo mentore sono soltanto due istantanee che raccontano più di mille parole la voglia di vincere di questa grande famiglia del Judo che è conosciuta con il nome “Clan dei Maddaloni” e che non rappresenta soltanto l’Italia del tatami, ma anche tutte le realtà sportive che si scontrano con i problemi delle periferie. Dopo essersi cinta il collo con la medaglia più preziosa, la judoka ha raccontato di aver vissuto con assoluta tranquillità tutto quel percorso che l’ha condotta sul gradino più alto del podio. Il successo continentale è stato dedicato alla sua famiglia, in modo particolare alla mamma che l’ha accompagnata allo Star Judo Club avviandola di fatto alla pratica sportiva, e al Maestro Maddaloni, figura e guida fondamentale per la sua crescita non solo sportiva.

Sul tatami del Juan Antonio Samaranch Olympic Hall di Sarajevo, lì dove si incrociano le strade di popoli ed etnie differenti, potrebbe essere stato scritto il primo importante capitolo della storia di un’atleta che in futuro potrebbe regalare ai colori azzurri soddisfazioni incommensurabili. Del resto, anche il suo allenatore Gianni Maddaloni, in occasione dell’evento #BeAlive creato da Cortile dei Gentili, OPES e Sport Senza Frontiere ONLUS, ai microfoni di Sky Sport aveva ribadito che nella sua Palestra ci sono ragazzi e ragazze che potrebbero diventare dei Campioni. Le sue parole, che ai meno attenti potevano sembrare profetiche, piene di sogni e di speranze, a distanza di un mese si sono rivelate autentiche e vere, come il carattere di colui che a Scampia professa lo sport sociale e che è chiamato ‘O Maè. Lo Star Judo Club dovrebbe diventare un luogo da tutelare e da aiutare, perché da una parte svolge una funzione sociale togliendo i ragazzi dalla strada o tenendoli lontani dalla criminalità, mentre dall’altra forgia atleti come Martina Esposito. Anche per questi due semplici motivi l’attività della Palestra di Scampia dovrebbe continuare e non si dovrebbe mai parlare, come successo ultimamente, di rischio chiusura perché il Comune esige un canone d’affitto alquanto esoso per le casse di una struttura che permette a 450 tesserati su 600 di allenarsi gratuitamente.

Le foto sono di proprietà del sito www.eju.net (European Judo Union) e sono state scattate da Emanuele Di Feliciantonio 

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