Il tecnico sportivo? Deve essere soprattutto un educatore

Una giornata di valore, di formazione, di crescita professionale ed unione d’intenti: collocare al centro della base dello sport il verbo educare. Si è tenuta venerdì 17 dicembre, presso la Sala Presidenti del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, la tavola rotonda promossa da OPES sul ruolo del tecnico sportivo come educatore.

Ad arricchire il dibattito e a fornire spunti di riflessione interessanti ci hanno pensato relatori di comprovata esperienza sia nel mondo sportivo sia in quello scolastico o accademico, ma anche rappresentanti delle Istituzioni, di realtà pubbliche e private, del non-profit e atleti di fama internazionale. Oltre al Presidente nazionale Marco Perissa e al Segretario generale Juri Morico, che ha moderato i lavori, sono intervenuti: Daniele Pasquini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo Sport; Antonino Mancuso, Coordinatore professori di educazione fisica USR Lazio; Elena Pantaleo, atleta e Consigliere nazionale CONI; Padre Gionatan De Marco, direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport – CEI; Giorgia Venerandi, avvocato e Responsabile del Polo legale Osservatorio nazionale bullismo e disagio giovanile; Stefania Morsanuto, docente di pedagogia speciale dell’Unicusano; Francesco Peluso Cassese, coordinatore del corso di laurea in scienze dell’educazione e della formazione dell’Unicusano; Anna Maria Mariani, docente di didattica generale e neurodidattica e metodi e didattica delle attività motorie dell’Unicusano.

Una sfida educativa e sociale per generare tecnici sportivi con le competenze degne di un educatore

L’obiettivo dell’Ente di Promozione Sportiva riconosciuto da Coni e CIP, nonché Rete nazionale di Terzo Settore, è  quello di intervenire nel contesto attuale, avviando un processo formativo che permetterà a tecnici, allenatori e collaboratori di acquisire competenze, conoscenze, metodologie e strumenti in modo da occuparsi della crescita dei loro giovani allievi tout court. Si tratta di una sfida educativa e sociale che conferirà ai coach un nuovo ruolo, più completo ed anche più complesso, e non solo confinato all’interno di uno spazio circoscritto come una palestra, una piscina, uno stadio o un palazzetto dello sport o limitato al momento sportivo.

Durante la tavola rotonda, grazie alle parole e ai concetti pronunciati dagli illustri relatori, è stato tracciato il profilo del tecnico sportivo inteso come Maestro di vita e punto di riferimento per lo sviluppo del giovane atleta. Secondo Daniele Pasquini, presidente Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, un buon allenatore deve svolgere la sua missione tenendo a mente 5 A, cinque azioni precise: accogliere, accompagnare, avviare, allenare e aprire alla speranza. Per elevare il coach alla figura di educatore sportivo, come hanno ribadito i rappresentanti del mondo scolastico e accademico, dovrà essere promosso e realizzato un percorso psico-pedagogico e formativo, con l’intento di dotare i discenti di nuove competenze e consapevolezze. Dulcis in fundo, il pensiero di Padre Gionatan De Marco, che ha ribaltato diversi paradigmi. Il Direttore dell’ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della CEI, ha più volte rafforzato la volontà di ripartire dalla base dello sport, mettendo al centro di ogni pensiero la parola educazione. In poche parole, il focus non è più sul ragazzo, ma l’educatore, il tecnico.

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